Abbazia di Santo Stefano – Trevi (PG)

L’Abbazia di Santo Stefano e i suoi misteri

Trevi (PG)

Nei pressi della città di Trevi, in Umbria, località Manciano, su un colle omonimo alto circa 527 metri, sorge l’Abbazia di Santo Stefano. Si tratta di un edificio risalente circa al XII secolo e del quale oggi rimangono solo pochi ruderi, completamente immersi nella fitta vegetazione. Il fatto che sia completamente invisibile, fin quando non si arriva alla sommità del colle, ha da sempre alimentato il mistero e la suggestione degli abitanti di Manciano, i quali narrano diverse leggende legate proprio alla vita dei monaci che abitavano l’abbazia.

Cenni storici

Le fonti storiche attribuiscono l’abbazia all’ordine Benedettino, anche se altre fonti la legano alla presenza dell’ordine degli Umiliati. Sicuramente l’edificio ha avuto un ruolo fondamentale durante la lotta tra i comuni, poiché l’ampia vista su Foligno la rese l’avamposto principale a nord di Trevi. Si narra che nel 1318, per riportare i monaci dell’Abbazia di Santo Stefano alla ferrea osservanza della regola, l’abate Pietro decise di annettere la stessa all’abbazia di Sassovivo, nota per il fervore religioso di tutti i suoi rappresentanti. Nell’anno 1319 papa Giovanni XXII annullò l’adesione a Sassovivo e l’annetté all’abbazia del Ducato di Spoleto. Nel 1320 invece fu aggregato alla mensa vescovile. Nel 1363 il vescovo Giovanni ne fece la sua residenza e nel 1429, come si evince da alcuni documenti, la chiesa risultava già abbandonata e oggetto di restauro.

Infatti il decentramento dell’abside rispetto all’asse della costruzione sta a indicare un avvenuto ampliamento verso sud, con conseguente abbattimento della parete originale. Nonostante sia ridotta a pochi ruderi, all’interno è ancora visibile parte delle cripta a sala unica e a pianta quadrata. In alto troviamo i resti del presbiterio e dell’abside semicircolare. Non è rimasta nessuna traccia di una successiva pavimentazione anche perché sembra che gli stessi abitanti avessero chiesto che non fosse pavimentata.

Abbazia di Santo Stefano

Misteri e leggende dell’Abbazia di Santo Stefano

Come già accennato intorno all’Abbazia di Santo Stefano ruotano numerose leggende e antichi misteri. Una tra queste narra che i monaci che all’epoca ci vivevano possedessero enormi ricchezze, tra cui una notevole quantità di argento. Pare infatti che essi forgiassero e decorassero con il prezioso metallo anche le fibie, gli anelli e le mostre dei loro cavalli. Sembra che tali ornamenti fossero magici e la loro luminosità proteggesse gli animali da qualsiasi attacco, soprattutto di notte.  Sembra inoltre, che alcuni abitanti di Manciano abbiano trafugato delle pietre allo scopo di riutilizzarle nelle loro abitazioni ma ciò ha comportato l’abbattersi di numerose sventure su coloro che lo hanno fatto.

Ad esempio, gli animali che venivano allevati in stalle costruite con le pietre dell’Abbazia di Santo Stefano si sono ammalati e sono morti. In seguito a tali sventure coloro che avevano sottratto le pietre le hanno riportate indietro. Un’altra leggenda narra che tra i ruderi, nascosto chissà dove, vi sia ancora ciò che rimane del grande tesoro appartenuto ai monaci. Ogni tanto infatti, si possono ancora notare i tentativi di scavo che talvolta curiosi o studiosi si accingono a intraprendere nel tentativo di dare fondo di verità alla leggenda. Secondo alcuni anziani abside fungerebbe anche da orologio solare. L’affermazione non è facilmente riscontrabile, poiché visibile solo da coloro che sono posizionati a est e a un altezza che supera le chiome degli alberi che generalmente nascondono i ruderi. Praticamente la linea creata dalla zone illuminata e la zona d’ombra dividerebbe esattamente a metà la finestra dell’abside, indicando che sono le ore 12.