Pentedattilo – Melito di Porto Salvo (RC)

Pentedattilo

Melito di Porto Salvo (RC)

Pentedattilo è un piccolo borgo che sorge sulle rupe di monte Calvario, a 250 metri s.l.m, in provincia di Reggio Calabria. Fino al 1811 è stato un comune autonomo, ora invece costituisce una frazione del comune di Melito di Porto Salvo. Nel corso del tempo, gli abitanti del piccolo borgo, si trasferirono più a valle finché nel 1971 divenne completamente disabitato. Grazie al contributo di fondazioni e associazioni e della Comunità Economica Europea, il posto ha subito una trasformazione è la vita è tornata a caratterizzare il borgo. Alcune case, infatti, sono state trasformate in laboratori artigiani per la lavorazione del legno, ceramica, vetro e così via. Inoltre, nei periodi più miti a Pentedattilo vengono organizzate numerose manifestazioni legate al cinema, teatro, fotografia e musica.

Cenni storici

Pentedattilo fu fondato da una colonia di greci chiamati Calcidesi, nel 640 a.C. e divenne presto il centro economico dell’intera zona. Durante il dominio romano inoltre divenne anche un importante centro militare grazie alla sua posizione strategica che permetteva il controllo di tutta la via principale di collegamento con l’Aspromonte. Con l’invasione saracena prima e l’avvento del duca di Calabria, il borgo subì numerosi saccheggi che la condussero pian piano verso il declino. Nel XII secolo il re Ruggero I d’Altavilla lo trasformò in una baronia comprendente anche i paesi di Capo D’Armi, Condofuri e Montebello Ionico, e venne ceduto alla famiglia Abenavoli Del Franco.

Successivamente il borgo passò alla nobile famiglia dei Francoperta e nel 1589 il feudo fu prima confiscato e poi venduto agli Alberti, insieme al titolo che ne attestava il marchesato. La dominazione degli Alberti durò fino al verificarsi del famosissimo evento conosciuto come Strage degli Alberti, a metà del XVII sec., dopodiché nel 1760 fu venduto ai Clemente. Nel 1783 il borgo fu pesantemente danneggiato da un forte terremoto, il quale segnò l’inizio del flusso migratorio della popolazione verso la valle.

Pentedattilo

Le leggende di Pentedattilo

Alla fine del 1600 il borgo di Pentedattilo divenne luogo di atroci crudeltà e sofferenza. Questo, in seguito al massacro di numerosi componenti della famiglia Alberti ad opera del barone Bernardino Abenavoli. Da sempre in guerra, le due famiglie conobbero un periodo di pace dovuto ad alcuni interessi comuni. Tra questi, vi era il desiderio da parte di Bernardino di prendere in moglie Antonietta, figlia del marchese Domenico Alberti. Nel 1685 il marchese Alberti morì e gli succedette suo figlio Lorenzo che presto prese in sposa Caterina Cortez. Questa era figlia di Don Pietro Cortez, cosigliere del vicerè di Napoli.

In occasione del matrimonio partecipò tutta la famiglia della sposa, tra cui il fratello, Don Petrillo Cortez. Quest’ultimo ebbe occasione di conoscere Antonietta Alberti e se ne innamorò. L’uomo chiese a Lorenzo di poter sposare la sorella e il marchese acconsentì. La notizia delle nozze imminenti fece però infuriare il barone Bernardino che meditò vendetta.

La notte del 16 aprile 1686, scortato da fedelissimi uomini armati, si introdusse all’interno del castello. Bernardino e i suoi uomini compirono un massacro uccidendo gran parte degli occupanti della residenza. Tra questi, Lorenzo e Simone Alberti, fratellino di nove anni di Lorenzo. Furono risparmiati, invece, Caterina Cortez, Antonietta Alberti, la sorella Teodora e sua madre Giovanna. Don Pertillo Cortez, fu imprigionato. Il barone Abenavoli sposò immediatamente Antonietta. La notizia, però, giunse presto alle orecchie del viceré che organizzò una spedizione militare. Gli esecutori della strage furono arrestati, decapitati e le loro teste furono appese ai merli del castello di Pentedattilo.

Le leggende

In seguito alla strage numerose sono le leggende che avvolgono il borgo e il castello. Una di queste narra che nei giorni di forte vento tra le gole della montagna si odono le urla strazianti del marchese Lorenzo. Nelle sere di luna piena, invece, dei lamenti proverrebbero dall’alto della montagna. Secondo un’altra leggenda, lo sperone roccioso a forma di cinque dita si colorerebbe di rosso al tramonto. Questa pietra viene chiamata la mano del diavolo in riferimento alla mano insanguinata del Barone. Un’altra leggenda narra di un tesoro nascosto all’interno della montagna e appartenente agli Abenavoli. Si dice che un fantasma rivelò a un cavaliere di passaggio come ottenere l’immensa ricchezza. Se qualcuno fosse riuscito a percorrere, per cinque volte di seguito, il perimetro della montagna, essa si sarebbe aperta mostrando il tesoro. A quanto sembra nessuno riuscì mai nell’impresa finendo, nel tentativo, con il perdere anche la vita.