Arpie

Storia, mitologia e leggenda delle Arpie

Nella mitologia greca le Arpie erano mostri alati rappresentati con il volto femminile e il corpo di avvoltoio. In generale sono state rappresentate con il viso di donna e il corpo di un volatile.

Le Arpie nella mitologia

 

Sono figlie di Taumante ed Elettra anche se per altri autori sono figlie di Poseidone e Gaia o di Echidna e Tifone che generarono anche Cerbero e l’Idra. I loro nomi erano: Podarge, Aello, Ocipite, Tiella e Celeno anche se, nelle varie storie legate a queste creature, alcuni autori riportano solo i nomi di Aello, Ocipite e Celeno, quest’ultima citata per la prima volta nell’Eneide da Virgilio. Queste creature mostruose personificavano la furia dei venti marini. Infatti durante le burrasche e le tempeste di mare erano solite rapire i naufraghi.

Più tardi furono considerate creature infernali che rapivano le anime dei morti per trasportarle nell’aria. Per l’Ariosto le Arpie erano addirittura sette e personificavano i sette peccati capitali. Queste creature le troviamo nell’Odissea di Virgilio, nell’Inferno di Dante, nella Regina delle Fate di Spencer e nel Paradiso Perduto di Milton.

Le Arpie nell’Odissea

 

“ecco che le fanciulle le Arpie rapirono in aria,
e in balia delle Erinni odiose le diedero.”

Le Arpie nell’Eneide

 

“Strofadi grecamente nominate
Son certe isole in mezzo al grande Jonio,
Da la fera Celeno e da quell’altre
Rapaci e lorde sue compagne arpie
Fin d’allora abitate…”

“Altro di queste
Più sozzo mostro, altra più dira peste
Da le tartaree grotte unqua non venne.
Sembran vergini a’ volti, uccegli e cagne
A l’altre membra; hanno di ventre un fedo
Profluvio, ond’è la piuma intrisa ed irta,
Le man d’artigli armate, il collo smunto,
La faccia per la fame e per la rabbia
Pallida sempre, e raggrinzita e magra…”

Le Arpie nell’Orlando Furioso

 

“Erano sette in una schera, e tutte
Volto di donne avean pallide e smorte,
Per lunga fame attenuate e asciutte
Orribili a veder più che la morte:
L’alaccie grandi avean deformi e brutte,
le man rapaci, e l’ugne incurve e torte;
Grande e fetido il ventre, e lunga coda
Come di serpe che s’aggira e snoda…”